Quante sberle a Bersani
Dopo tutti quelli ripetuti di Grillo, arriva per Bersani lo schiaffo del Quirinale.
Verrebbe da considerare come una fortuna per il segretario Pd il fatto che la Sede di Pietro sia vacante, altrimenti con l’aria che tira qualche fulmine sarebbe sbucato anche da lì. La più pesante tra le sberle ricevute è ovviamente quella del Colle.
Quando Napolitano spiega di riservarsi “ogni autonoma valutazione”, con tutta probabilità intende riaffermare la centralità del proprio ruolo in questa difficilissima fase politica.
E siccome la soluzione più volte prospettata dalla coalizione uscita (di poco) vincitrice dalle urne era l’autocandidatura di Bersani a un governo di minoranza che vada in Parlamento a cercarsi i voti, ecco che la lettura più accreditata della dura nota del Colle è proprio questa: quello che è stato detto finora non mi convince. In altre parole: non è più tempo di esperimenti da farsi in Parlamento sotto gli occhi di tutti, mercati in primis, e se si va davanti alle camere si deve avere una maggioranza, buona o cattiva.
Pare che Bersani abbia accolto con freddezza la nota.
Ha capito bene che il destinatario era, tra gli altri, anche lui, e ha ribadito con chi l’ha sentito la propria strategia: tirare diritto.
Una strategia suicida, che da martedì l’ha esposto solo a brutte figure. La frase “abbiamo vinto ma forse anche perso” è stata patetica, le offese prese una dopo l’altra da Grillo sono state umilianti, la strada da seguire ha evidenziato una sicura protervia confusa.
E invece di prendere atto della situazione e di fare come quell’altissimo dirigente del suo partito che martedì sera ha visto in un ristorante romano un amico e l’ha salutato dicendogli “peccato che quei centomila voti in più non li ha presi Berlusconi, ora noi siamo spaccati e non sappiamo che cosa fare”, il segretario cerca di convincere i suoi che in fondo la cosa migliore è “andare avanti”.
E così dopo aver sbagliato campagna elettorale presentandosi come un onesto amministratore di condominio nel momento in cui il Paese bruciava (e l’incendio non si è spento), adesso Bersani sta sbagliando anche il dopo, ignorando le voci di chi, anche dentro il Pd, gli sta chiedendo di considerare l’unica cosa possibile, ossia un governo tecnico, del presidente, allargato anche al Pdl e a Monti. Stavolta però il leader Pd non la passerà indenne. All’interno del suo partito lo aspettano come si attende alla posta la lepre fiaccata dai cani segugi.
Fonte Sorgente
qn.quotidiano.net |
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